Tokyo, giorno 14
Tokyo, giorno 14

Tokyo, giorno 14

Green Pass! Con il 14′ giorno di permanenza in Giappone arriva la fine della quarantena. Da oggi sono libero di muovermi per la città senza il limite dei 15 minuti e senza dover rendere conto alla guardia all’ingresso dell’hotel. Per festeggiare, al ritorno dal beach volley sono andato a pranzo fuori, potendo finalmente evitare di mangiare in camera o di utilizzare i monotoni ristoranti dell’IBC controllati in esclusiva da Visa, monopolista dei sistemi di pagamento nei luoghi olimpici. Avrei tanto voluto imbucarmi in una bettola buia e piccola, dove mangiano i locali, ma il menu era esclusivamente in giapponese e credo che anche solo farsi capire sull’uso della carta di credito (non ho cambiato un solo yen da quando sono arrivato) sarebbe stato complicato. Pochi metri più avanti, sulla strada del solito supermercato, c’era questo posticino molto simile a una nostra trattoria, gestito da una coppia di ragazzi molto simpatici. Lei mi ha sorriso con lo sguardo e con le parole dall’inizio alla fine della mia permanenza lì. Decifrare il menu non era facile, nonostante le foto, sono andato a intuito e ho preso un piatto di carne cotta pochissimo, con una panatura intorno. Insieme, due contorni pressoché inevitabili: una ciotola di brodo caldo e una di riso, oltre a wasabi e a una piccola quantità di un altro tipo di carne, cotta diversamente.

Alla fine, spinto dalla curiosità e aiutato dalla voce del traduttore di Google, ho chiesto di che tipo di carne si trattasse, consapevole che avrei forse preferito non sentire la risposta. Invece si trattava di normalissimo agnello. Era comunque molto buono, quindi qualunque fosse stata la risposta l’esperienza sarebbe rimasta positiva. Ho chiesto acqua, la ragazza me ne ha portato un bicchiere, acidulata con limone, in ghiaccio. Una cosa che avrei certamente evitato in altri Paesi dove Montezuma mi avrebbe fatto l’occhiolino, ma a Tokyo mi sono fidato. Alla fine il conto è stato di 1400 yen, circa 10 euro, più che onestissimo. Non avendo moneta locale ho proposto alla ragazza di aggiungere 200 yen al conto della carta a titolo di mancia, ma lei sorridendo ha rifiutato, come da usanza di queste zone. Usanza che conoscevo ma avevo colpevolmente dimenticato.

La fine della quarantena mi apre le porte del trasporto pubblico e mi chiude quelle dei lussuosissimi taxi dell’organizzazione, che non posso più utilizzare e che a volte sono comodi. È necessario, comunque, prenotarli in anticipo, perché chiamarli è un’odissea telefonica tra incomprensioni linguistiche e ignoranza dei tassisti dei luoghi nei quali ci troviamo. Stamattina prima donna-autista. Simpatica, gentile, English speaking e vaccinata, come da cartello esposto ben in vista sulla sua macchina. Meno bene era andata il giorno prima a causa di un errore della nostra segreteria all’IBC, che aveva sbagliato a comunicare il nome dell’hotel di Giulia, tappa sulla strada verso il palasport del volley. Quando, dopo essere salito, ho detto al conducente che saremmo dovuti andare al Gracery, e non al Garden come gli era stato comunicato, ho avvertito distintamente i suoi neuroni sbattere con violenza dentro la sua scatola cranica. Ha ripetuto diversi No, si è agitato. Ho dovuto assumere un tono deciso, quasi duro, per fargli capire che decidevo io la destinazione, non lui. Si è convinto solo dopo una telefonata alla sua centrale, presidiata fortunatamente da una delle nostre interpreti, che dopo aver parlato con me gli ha spiegato il disguido e lo ha rasserenato.

In serata ho tenuto d’occhio l’ultimo round della gara di golf per verificare l’eventuale piazzamento di giocatori italiani e nel caso coprire con un collegamento dal nostro studio. Mentre ero lì che seguivo mi sono improvvisamente domandato come fosse potuto accadere di ritrovarmi a commentare sport d’élite (almeno in Italia) come l’equitazione e, appunto, il golf. Mondi a me davvero lontani. Mi sono risposto che è proprio il bello di un mestiere che mi permette di venire a contatto con più realtà. E lo so che per la mia redazione sono un eccellente tappabuchi su discipline più ostiche, ma vado orgoglioso di questa cosa. Mi ritengo affidabile nella vita privata, salvo un paio di episodi evitabili, perché non dovrei esserlo sul lavoro?

Non affidabilissimo è il dittatore bielorusso Lukashenko. Ieri ha cercato di far arrestare la velocista Kristina Tsimanouskaya, che aveva protestato per essere stata improvvisamente spostata su una gara diversa da quella per la quale si era preparata. Il CIO e il governo giapponese, fortunatamente, hanno messo sotto protezione la ragazza, la cui vita però è sconvolta. Esempio preclaro di vera dittatura, non quella roba che viene nominata a sproposito da gente con pochi strumenti culturali che non vuole indossare una mascherina.

Domani prima gara da dentro o fuori per le nostre ragazze, contro uno degli avversari più duri, la Serbia. C’è un po’ di timore a causa delle ultime prestazioni non molto brillanti, ma vogliamo e dobbiamo pensare positivo. Bisogna dare di più, però, per non trasformare il nostro sogno in un risveglio molto amaro.

3 commenti

  1. Sergio Lionetti

    Ho avuto a che fare per anni con persone del Giappone ed ho imparato a conoscere, copiandola spesso, la loro educatissima cocciutaggine.
    Grazie per questi scampoli di vita in Estremo Oriente.

  2. Luigina Bertini

    Chissà mai quali saranno questi episodi evitabili , non ci crediamo , non è che sei troppo severo con te stesso ? Che è senza peccato scagli la prima pietra

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