Rio-Giorno 23
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Ho chiesto a Cesar, l’autista che mi ha scarrozzato per un paio di giorni tra gare di canoa e di vela e centro stampa, di raccontarmi meglio quello che avevo sentito sulle favelas e che ho scritto in un post precedente. In effetti la scala di grigi è ampia, e come dubitarne in un Paese come il Brasile? Cesar mi ha spiegato che il governo prova, ogni tanto, a costruire nuove abitazioni, ma poi chiede, comprensibilmente, il pagamento delle tasse. Nelle favelas vivono persone mediamente agiate, che sono riuscite a costruirsi case più che dignitose, alcune perfino con piscina, e famiglie poverissime, che oggi a malapena (e non sempre) pagano luce e acqua ma non potrebbero permettersi ulteriori spese. È con loro che lavorano le meritorie onlus che operano quaggiù (a proposito, avete visto in onda in questi giorni durante l’olimpiade i deliziosi siparietti realizzati da Andrea Lucchetta per Action Aid? Divertimento e sensibilizzazione, Lucky sempre infallibile in questo). Insomma, la gente rifiuta di trasferirsi nelle nuove case e preferisce restare dove si trova, chi nelle baracche per non spendere di più e chi, a maggior ragione, in case ben più confortevoli.

C’è un altro aspetto dell’azione del governo che va analizzato: in certi casi le nuove abitazioni vengono realizzate molto lontano rispetto agli insediamenti attuali. E per chi si deve spostare all’interno di Rio vivere in periferia significa allungare i tempi di trasferimento anche di due-tre ore. Da qui un altro motivo di rifiuto a spostarsi da parte di chi abita nelle favelas più centrali. Ora prendete Vidigal. È la favela della foto che illustra il post. Quella laggiù è la spiaggia di Ipanema. Un discreto panorama, vero? Non vi viene da pensare che la politica di trasferimento delle famiglie di Vidigal possa aprire le porte a una totale trasformazione della favela in complesso residenziale di lusso, con abitazioni vendute a peso d’oro in una zona per la quale, da noi, non basterebbero 600mila euro per un monolocale? O sono troppo malizioso?

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